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Il Re CenZore

se ne sentiva proprio la mancanza...

THE DIVINE COMEDY (che qui si parla anche di musica)

The Divine Comedy è Neil Hannon. Non è che lo dica io, lo dice proprio lui, che un po' megalomanino lo deve essere, mettendo in bocca le parole al biografo della band. Ma chi può mai essere il biografo di una band semiconosciuta? O la band stessa, cioè lui, o il suo ufficio stampa, che scrive quello che dice lui. Quindi sempre lui. Fatto sta, megalomania a parte, che The Divine Comedy è Neil Hannon. Sì certo, è anche il titolo tradotto in inglese di una delle massime opere dell'umanità. Pare che il nome sia stato scelto a caso da Hannon al momento della formazione della band. In casa i genitori di Neil avevano una fornita libreria, e questo titolo ha attirato la sua fantasia più di altri. Ma ve lo vedete un ragazzotto dell'Irlanda del Nord, quelli che hanno costretto al pareggio l'Italia prima del trionfale match degli azzurri contro la Serbia, nella stanzetta di casa sua a leggersi la Divina Commedia? Io no. In ogni caso, Neil Hannon aka The Divine Comedy ha sfornato quest'anno il suo decimo disco, Bang Goes The Knighthood, traducetevelo un po' come vi pare, a me piace tradurlo con La Cavalleria Va In Malora. Nomen omen. Pare un concept album come quelli delle grandi band inglesi degli anni '70, con un sound che ricorda i primi Genesis e la voce simile a quella di David Bowie. In fin dei conti il disco è ottimo, anche se a lung'andare tende a ricordare un musical, e non è un complimento. L'orchestrazione a volte tende al barocco e diventa di tanto in tanto pomposa e quindi noiosa. Ma i colpi di genio non mancano e il brano d'apertura "Down in the street below" è un quasi capolavoro. Chi fosse interessato a scoprirne i particolari può andare a leggersi la pagina wikipedia e il sito madre, qui proviamo a giocare al bravo critico indovinando che c'è in tutto il disco un filo conduttore che parla di un ipotetico protagonista: un uomo rimasto trappola del suo tempo e della consuetudine. Una vittima dell'imbarbarimento della società contemporanea, rammollita dall'eccessiva standardizzazione dei sentimenti, delle abitudini umane, della tv, di internet, insomma la solita tiritera da disorientati adolescenziali che un po' continua ad affascinare e un po' ha già annoiato. Ma è dal punto di vista musicale che l'opera si fa interessante. A me lo spunto ha ricordato molto Harold The Barrel. A parte alcuni intervalli barocchi, lo stile è originale anche se un po' retro, e non manca di fare il verso ad alcune band odierne, come in "At The Indie Disco", piccolo gioiello pop incastonato in un disco molto orchestrato. Insomma consiglio a tutti di comprarlo, scaricarlo, piratarlo, farselo registrare su una cassetta, insomma ascoltatelo. Il cd originale contiene anche un bonus disc live, per lo più cover. In tour anche in Italia a dicembre, a Milano, Roma, Torino e Bologna.
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