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Il Re CenZore

se ne sentiva proprio la mancanza...

LADRI DI CADAVERI, John Landis grande a metà

Burke & Hare sono noti in tutta la Gran Bretagna, impero compreso, per le loro rocambolesche azioni macabre compiute nel XIX secolo. Tanto da aver ispirato un neologismo anglosassone. Burking: a killing method that involves simultaneous smothering and compression of the torso. Ovvero omicidio per soffocamento.
Il mirabile John Landis ha tirato fuori dalla storia dei due, e da una lunga tradizione letteraria e cinematografica che ne prende ispirazione e che passa per Bela Lugosi, Alfred Hitchcock, Robert Louis Stevenson e Donald Pleasence, un film gradevole, raffinato, perfino colto. Che ha solo un grande difetto. Manca di ritmo.
Pare impossibile a dirlo, parlando del regista di The Blues Brothers, Animal House, Tutto in Una Notte, Un Lupo Mannaro Americano a Londra, Una Poltrona per Due, Spie Come Noi, e perfino del videoclip di Thriller.
Eppure, qui manca l'azione. Forse perchè il film è realizzato pensando al teatro vittoriano. Ma scene e trama da Grand Guignol non bastano a dare ritmo a un film, soprattutto nella prima parte, d'altro canto  divertente e raffinato. Simon Pegg è come sempre bravo e buffissimo, e la controparte Alex Serkis forse non abbastanza diabolico risulta comunque divertente. Così come tutte le situazioni del racconto: paradossali, grottesche, aristocratiche. Non manca nulla in questo film dalla trama pur prevedibile e dai riferimenti colti., tranne un ritmo unitario, quel qualcosa che serve a legare. Come il sugo lega le patate allo spezzatino. 
Siamo a Edinburgo, in Scozia, sede di una delle più famose scuole filosofiche fin dal medioevo, da cui proviene la tradizione scientifica all'avanguardia a quei tempi. Ma non vi spaventate, l'intento "realista" è subito smentito dalla didascalia della prima scena del film: "Questa storia è ispirata a fatti reali. Tranne quelli che non lo sono". Che in breve riassume l'obiettivo primario del cinema. Mica raccontare la realtà. Raccontare storie. Verosimili possibilmente, grazie.
Divertente il succo della trama, ovvero cosa c'è di male se due loschi e buffi figuri commerciano in cadaveri e se hanno difficoltà a reperire materia prima se la fabbricano da soli, l'uno per arricchirsi e soddisfare tutti gli appetiti della moglie, e l'altro per puro amore?
Le scene sono ben costruite. La fotografia è lugubre e azzeccata fin dalle prime scene, la recitazione è ottima, con la presenza di alcuni camei (plurale di cameo, no?) di spessore, come quello di Christopher Lee, grande Dracula già prima di interpretare il Conte Dooku. La regia è curata nelle inquadrature e nei movimenti di macchina. Manca il ritmo. Purtroppo. Le scene sono a volte slegate e didascaliche.
L'apertura e la chiusura sono affidate alla visione filosofica del lavoro del boia da parte dello stesso boia, l'unico moralmente abilitato all'omicidio. Un ossimoro vivente. E lungo tutta questa linea che corre sottilissima tra il lecito e il non lecito, tra il visto e il non visto, tra l'accusato e l'accusatore, si sviluppa un film che spazia, allegoricamente, tra la barbarie dell'illuminismo e l'insensatezza del romanticismo. Con tanto di citazioni di personaggi esimi. Il dottor Knox è l'illuminista estremo che taglia gli arti ai suoi "pazienti" con la sega mentre sono vivi e perfettamente coscienti, che usa la sua influenza per far emettere un editto che gli riserva l'esclusiva su tutti i cadaveri legalmente reperibili. E, alla fine si scopre, il suo giovane ed affascinante assistente è un tale Charles Darwin (che fu realmente suo allievo). E' assolutamente illuminista anche l'eliografo del film, progenitore del fotografo, che non si cura da dove provengano i corpi che lui stesso immortala sulle sue lastre. Romantici sono il capitano McClintock, che si sente investito di tutto il potere imperiale di tutore della legge, e il boss locale vestito di pelli tigrate che finisce vittima dei suoi stessi macchinamenti. Vengono perfino citati i maggiori poeti romantici inglesi: Wordsworth e Coleridge che un buttafuori irriverente non fa entrare in un bordello.
In sintesi, si potrebbe assurdamente (i critici amano farlo) trovare la corrispondenza tra William Hare (Andy Serkis) e l'illuminismo: è infatti colui che ammazza per arricchirsi, che crede di aver trovato il modo di aggirare la legge umana e naturale. Analogamente William Burke (Simon Pegg) è il romanticismo, che fa tutto e si lascia travolgere in tutto, perfino nella morte, solo per i propri sentimenti. Manco quelli altrui.
Ma sono tutte stronzate, ovviamente. Peccato che manchi quel qualcosa che avrebbe potuto fare di questo film lo strumento del grande ritorno per il maestro John Landis.
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P
Aspettiamo Landis nei prossimi film, visto che sembra aver trovato una casa di produzione con intenzioni di sostentamento :) Per ora, l’umorismo macchiato dalle nefandezze delittuose è stiracchiato, il sentimentalismo verso le donne e l’arte è freddo teatro di maniera, il presunto lato horror della pellicola si riduce a due risibili schizzetti di sangue.
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